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Costituzione, magistratura e principi fondamentali: verso maggiore giustizia ed equità.

La nostra Costituzione contiene alcuni principi fondamentali diretti a garantire il corretto esercizio della funzione giurisdizionale. La legge costituzionale n. 2/1999 ha introdotto nell’articolo 111 della Costituzione due commi che attengono al cosiddetto giusto processo, che trova collocazione nell’ambito di un processo penale di tipo accusatorio, con applicazione dei principi di terzietà ed imparzialità del giudice, nonché di rispetto della parità tra accusa e difesa.

In particolare, quest’ultimo principio, funzionale anche alla esigenza di formazione della prova nel dibattimento orale, ha reso evidente la singolare assenza di una netta separazione tra magistrati giudicanti e requirenti, pertanto tra giudici e pubblici ministeri, ambedue compresi nel termine “magistratura”, quale complesso dei giudici ordinari, istituiti e regolati da un apposito ordinamento giudiziario. Sia i magistrati giudicanti sia quelli requirenti sono attualmente soggetti al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), trasformatosi nel tempo in un vero e proprio organo autonomo, composto da tre membri di diritto, tra i quali il Presidente della Repubblica, e da ventiquattro membri elettivi, tra i quali sedici magistrati, eletti questi ultimi soltanto dai magistrati.

Peraltro, insigni giuristi hanno negli ultimi anni evidenziato il rischio assai concreto connesso alla formazione di correnti all’interno del CSM, tali da minare la stessa indipendenza interna ed esterna dei singoli magistrati (il cosiddetto “caso Palamara”, di estrema attualità, ha reso evidente siffatto rischio). Anche da ciò, l’esigenza sempre più avvertita di un intervento deciso sull’ordinamento giudiziario, al fine di creare una netta separazione tra le carriere dei magistrati: da un lato i magistrati giudicanti, dall’altro i pubblici ministeri.

Di detta necessità si è fatta portatrice la Lega Salvini Premier, tant’è che l’articolo 104 del disegno di legge costituzionale depositato dal senatore Manuel Vescovi in data 4.7.2020, data certamente simbolica, prevede non soltanto detta separazione tra magistratura giudicante e magistratura requirente, composta quest’ultima dai pubblici ministeri appunto, ma anche una netta distinzione tra gli organi di rappresentanza dei primi e dei secondi: da un lato avremo infatti il Consiglio Superiore della Magistratura giudicante, dall’altro il Consiglio Superiore della Magistratura requirente, ciascuno competente alle assunzioni, alle assegnazioni, ai trasferimenti, alle promozioni ed ai provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati rispettivamente giudicanti o requirenti.

Si tratta di una modifica epocale che oltre a rispondere alle necessità del surrichiamato “giusto processo”, produrrà effetti in quei consigli giudiziari in cui, come evidenziava il giurista Piero Calamandrei, si decidono le sorti dei magistrati, in una sorta di “cerimonie esoteriche” cui non possono partecipare i cittadini (“Elogio dei Giudici scritto da un avvocato”, Ponte alle Grazie 1989), evitando in siffatta maniera che “nei consigli giudiziari, importanti organi periferici del CSM, … il sostituto procuratore, che al mattino ha chiesto al giudice la condanna dell’imputato, quello stesso pomeriggio esprima il parere su quello stesso giudice per la sua promozione, o il trasferimento, o un incarico extragiudiziario “ (dott. Carlo Nordio, critica sociale 2-3/2010 Analisi e proposte per una riforma in attesa di giustizia dialogo tra Nordio e Pisapia).

Ulteriori modifiche degli articoli della Costituzione, contenute nel suddetto disegno di legge, meriterebbero un approfondimento, quali, a titolo meramente esemplificativo, quella relativa al passaggio dalla obbligatorietà dell’azione penale alla facoltatività della stessa (articolo 112) e quella sul tema della responsabilità civile dei magistrati di cui all’articolo 113.

Avv. Silvio Pittori