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Politica estera e della difesa.

Politica estera e politica della difesa sono distinte in due differenti ministeri spesso attribuiti a esponenti di diverse forze politiche che sostengono il governo in carica.

Possiamo affermare che la politica estera si concretizza nell’azione della diplomazia, quindi in ultima analisi, nella trattativa, mentre la politica della difesa trova realizzazione nell’impiego delle Forze Armate e dunque nell’esercizio della forza.

Prima di procedere specifico che quanto verrà detto in seguito prescinde dal caso Italia: l’art. 11 della nostra costituzione vieta la risoluzione delle controversie internazionali tramite l’uso della forza; questa auto limitazione della sovranità del Paese porta a una riduzione dell’efficacia della nostra politica della difesa.

La distinzione tra le due politiche in esame appare netta solo a un esame superficiale, anzi le due aree sono strettamente collegate, quasi intrecciate.

Semplificando, a titolo di esempio: la trattativa diplomatica tra due Potenze, l’una dotata di missili intercontinentali con testate nucleari e l’altra priva di tali strumenti, sarà condizionata nel suo esito fin dall’inizio e dunque la forza di armi non utilizzate ma possedute e mostrate alla comunità internazionale genera un effetto deterrente tale da portare risultati concreti e politicamente rilevanti.

La radice comune e il comune punto di arrivo fra le due aree in esame è sicuramente l’interesse nazionale.

Possiamo citare la ‘total strategy’ dello storico Corelli Barnett[1] ma anche Sir Acland e il Generale Sir Tuzo[2]: la total strategy è la gestione di tutti i fattori che compongono il concetto di ‘potenza’, siano essi strettamente politici, militari, economico finanziari oppure sociali e culturali.

Tale gestione della potenza mira al conseguimento di quegli obiettivi fissati dal decisore politico al fine di garantire l’interesse nazionale.

Dunque arriviamo ad un punto nevralgico: il decisore politico fissa gli obiettivi, cioè gli interessi irrinunciabili poiché essenziali per il Paese, a questo punto la politica estera si ‘muove’ verso gli obiettivi così fissati attraverso l’esercizio dell’azione diplomatica sia direttamente nei confronti del soggetto/avversario quanto indirettamente, dialogando con altri soggetti o organizzazioni sovranazionali eventualmente co-interessati.

Anche la politica della difesa interviene al fine di ottenere quanto stabilito del decisore politico sia in maniera ‘passiva’ (= l’effetto di deterrenza/coercizione costituito da Forze Armate efficienti, efficaci e pronte all’impiego) sia, se e quando necessario, in maniera ‘attiva’ (intervento delle Forze Armate a qualsiasi livello, dalla semplice ‘sfilata’ nei pressi di un territorio conteso fino all’intervento armato sul territorio dell’avversario).

Per sostenere l’interesse nazionale è necessario perseguire gli obiettivi in base a una strategia: tutte le risorse disponibili devono essere mobilitate e indirizzate allo scopo, non solo diplomazia e FF. AA. ma anche il cosiddetto ‘soft power’[3] cioè la capacità di influenzare l’avversario e portarlo a venire incontro alle proprie richieste non con la trattativa basata su uno scambio o sulla coercizione data dalla forza delle armi ma anche con la persuasione derivante ad esempio dall’influenza della cultura e delle arti (a titolo di esempio, l’influenza di Hollywood nella percezione che abbiamo degli Stati Uniti).

Pertanto una politica della difesa efficace è quella indirizzata verso gli obiettivi che anche la politica estera persegue, rispondendo ai ‘desiderata’ del decisore politico.

Se non si realizza questo coordinamento, con obiettivi chiari (evidenti per i vertici del ministero degli esteri e delle Forze Armate) e perseguiti con costanza, quindi condivisi dalla maggioranza delle forze politiche o quantomeno da quelle forze politiche che riescono a governare con continuità il Paese, ecco che non si potrà avere alcuna strategia e il risultato sarà una sconfitta senza nemmeno aver combattuto.

Senatore Candura


[1]              Corelli Barnett “The Soviet Empire and the British empire : a strategic comparison”  Berna, 1982

[2]              Sir Antony Acland & General Sir Harry Tuzo GCB OBE MC MA (1983) The relationship between foreign and defence policy, The RUSI Journal, 128:2, 3-6

[3]              Joseph S. Nye “Bound to lead: the changing nature of american power” 1990