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Tra attività didattica e scuola di vita

Nell’immediato dopo guerra, nella Costituzione della Repubblica Italiana all’articolo 34 per precisione, viene istituita “l’istruzione pubblica”, gratuita e obbligatoria per almeno 8 anni. Viene sancita la libertà di istituire scuole “senza oneri per lo stato” formula che comunque creerà notevoli disagi per la creazione di  strutture pubbliche di alto livello.

Restava comunque in essere il sistema scolastico precedente: scuola elementare quinquennale e i tre anni successivi divisi in “scuola media” (che permetteva di proseguire gli studi grazie alla materia del latino) e “scuola di avviamento professionale” (che senza l’insegnamento del latino, escludeva da qualsiasi proseguimento degli studi).

L’italia ripartiva, ma aveva bisogno di sancire costituzionalmente l’obbligo scolastico per creare una popolazione genericamente e globalmente  istruita,  per innalzare il livello strutturale della società,  con l’incipit di dar vita ad una classe dirigente del futuro, preparata ad affrontare il rapporto con gli stati che hanno collaborato alla liberazione del nostro paese dalla dittatura e che avrebbero dato certamente una mano anche alla ripresa,

Era l’epoca dell’essere,  chi valeva, ognuno nel proprio ambito, poteva ottenere importanti riconoscimenti, certamente con notevoli sacrifici ma con altre e tante soddisfazioni.

Erano tempi duri, la guerra aveva lasciato il segno ma anche tanta voglia di riscatto.

Le famiglie erano di tipo prevalentemente patriarcale e le Madri accudivano la casa e gestivano la vita dei propri figli e spesso anche quella degli anziani genitori che vivevano con loro. Tutti aiutavano i ragazzi a “fare i compiti”

Il lavoro ripartiva. La ricostruzione, il recupero del patrimonio culturale, la ripartenza dell’artigianato, del commercio e lo sviluppo industriale grazie anche all’attivazione del cosiddetto “Piano Marshall” o per meglio dire  il piano per la ripresa europea o European Recovery Program, che prese il nome dall’allora  segretario di Stato americano George Marshall, il 5 giugno 1947 all’Università di Harvard, che prevedeva in contributo che allora era a dir poco faraonico, perché superava  i 12 miliardi di dollari di allora per garantire in un lasso temprale non superiore ai quattro anni, un fondamentale supporto per la ripresa economica e della vita civile in un “vecchio continente” devastato dalla guerra e pervaso da odi viscerali, tra paesi anche confinanti. E in tutto questo la Scuola era divenuta una struttura “familiare” dove io bambini imparavano  l’educazione oltre ad apprendere i primi rudimenti di materie che per anni erano rimaste chiuse nei libri di testo. Materie come l’Educazione Civica che passeggiava a braccetto con le materie tecnicamente essenziali come l’italiano, la matematica, la scienze e al storia .

La storia della bandiera, l’inno e l’amor di patria a prescindere dalla provenienza sociale, territoriale e culturale. La Scuola con la S maiuscola, dove i bambini studiavano in sicurezza, dove chi non poteva comprare i libri li riceveva comunque ed insieme ad i libri arrivavano spesso anche un paio di scarpe nuove. Di cuoio nero, sia per i maschietti che per le femminucce. E la consegna avveniva in classe. Nessuna vergogna per chi riceveva, nessuna presa di giro durante la ricreazione da parte dei compagni di classe.

La buona educazione non sta nel non versare la salsa sulla tovaglia, ma nel non mostrare di accorgersi se un altro lo fa, citava Anton Cechov. Eravamo amici. Ognuno con i suoi problemi. Un fazzoletto di terra anche senza erba, un pallone e non si chiedeva di più. Era il nostro mondo. Domenica con la famiglia alla messa, l’oratorio, il giardino pubblico. Non esisteva altro. 

Poi la crescita industriale le speculazioni edilizie,  il cosiddetto “benessere” con il frigorifero, la televisione (dopo carosello tutti a letto), le ferie, l’auto e tanto altro.

La corsa al benessere ha però iniziato a mutare l’animo umano, fino a quel momento pervaso da affetti, etica, correttezza, lavoro e famiglia. Si sono amplificate le differenze sociali. I ricchi sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri e sempre di più. Poi il terrorismo e la scuola e l’università fucina di terroristi con impianti ideologici dettati dalla crisi del mondo operaio ed alla crisi del mondo imprenditoriale sempre più alla ricerca dell’utile e sempre meno della qualità. Tutti contro tutti. La scuola cerca di limitare i danni e gestisce i rapporti con i giovani cercando di venire loro incontro concedendo piano piano sempre di più. Maggiore libertà di espressione, maggiore disponibilità nel concedere spazi.

Assemblee, voti politici, esami collettivi. L’inizio della fine. A poco è valsa la volontà dei docenti di cercare di riprendere le orme dei loro predecessori, molto più rispettati e molto più carismatici perché fautori di un mondo di progresso vero, sia culturale che sociale. L’arrivo della tecnologia digitale, dell’informatica della telefonia portatile, provoca negli anni un forte deperimento dei contatti personali, nella vita di tutti giorni, in famiglia , a scuola , nel mondo della chiesa e nei rapporti di questa con le famiglie e con la scuola. Si cerca un recupero a oltranza e si riforma la scuola cercando di coinvolgere le famiglie nella sua gestione. Consiglio di classe,  comitato dei genitori, Commissario straordinario. Nel frattempo, mentre la scuola e le famiglie cercavano un equilibrio nell’interesse dei ragazzi, questi crescevano e cercavano strade autonome, indipendenti.

Ed arriviamo ad oggi. La nostra “guerra” è stata questa incredibile pandemia che ci ha costretti a casa. Ci ha vuotato. La Famiglia ha assunto il doppio ruolo acquisendo anche quello delegato alle Scuole che riprenderanno la propria attività il prossimo 14 settembre con le limitazioni dovute al COVID19.  I contatti personali si sono rarefatti. Sempre più multimediali. Questo momento di instabilità emotiva, di nervosismi dovuti all’incertezza del futuro, è certamente difficoltoso ma è proprio ora che la Famiglia e la Scuola devono stringere un patto di ferro, dividendosi i compiti. Basta con le comunicazioni sui cellulari, i pad e computer.  Dalla fine del mese di agosto, le scuole dovrebbero riaprire per corsi di aggiornamento (come si dice oggi, “di persona”), a favore di genitori, nonni, studenti e personale ATA, per fare vedere alle Famiglie come si sono organizzate per ricevere i loro figli, per spiegare come funzionerà la didattica e come dovranno comportarsi i propri figli per cercare di recuperare una vita normale ma in sicurezza. Per arrivare a scuola preparati. Soprattutto dovrà essere preventivamente creato un codice di comportamento che, ai fini cautelari, dovrà prevedere il codice di comportamento nel caso di riacutizzarsi della pandemia. Sarebbe opportuno che medici, intervengano a questi incontri  (ovviamente tenuti nelle condizioni di sicurezza previste dalla legge in materia di contenimento del contagio). Potenziare il servizio di infermeria. Attivare un servizio che consenta a tutti i ragazzi di poter leggere quotidianamente in classe e commentarla una rassegna stampa sull’evolversi della pandemia e su quanto lo Stato sta facendo per contrastarla. Riportare in aula da subito e con cadenza  almeno settimanale, la lezione  di educazione civica .  Ripartire quindi dall’educazione in senso lato, partendo dall’obbligo del saluto. Cellulari spenti a scuola. Incontri con cadenza bimestrale con esperti in materia di contrasto alla tossicodipendenza, all’alcolismo ed alla dipendenza dai  social media, fornendo informazioni per un uso consapevole di internet e dei social e per evitare le insidie della rete. Ricordando loro che gli strumenti informatici sono un mezzo e non un fine

A questi incontri,  periodicamente,  dovranno intervenire anche i Genitori, per una condivisione delle informazioni e soprattutto perché la Famiglia sia comunque presente e i Genitori che interverranno, dovranno temere brevi incontri con altri genitori perché siano tempestivamente aggiornati. Per consentire che se ne possa poi parlare la sera a tavola, tutti insieme. Anche solo dieci minuti. Ma è il segnale che conta.  Ripartiamo dal “parliamone” per cercare di far capire ai nostri figli che dentro i video dei telefonini, ipad e computer non c’è la vita vera ma quella che gli altri raccontano. Non c’è bisogno degli influencer per gestire la loro vita, ma di chi può dar loro l’esempio quotidianamente, dedicando un po’ del proprio tempo per spiegare ai propri figli e nipoti, quali siano i limiti e le opportunità della vita reale. Dobbiamo fare in modo che i nostri ragazzi recuperino quella fiducia in loro stessi dovuta alla consapevolezza che ognuno di noi è un pezzo “unico”.  Il momento è ora e la Famiglia e la Scuola devono prendere al volo questa opportunità creata da un fenomeno negativo. Ognuno al proprio posto ma con confronti periodici e scambio di dati ed esperienze per riaprire la mente dei nostri ragazzi. Per creare Donne ed Uomini pronti ad affrontare il futuro, forti di una partecipazione attiva del presente, avendo ben chiaro  il passato. Solo la Scuola e la famiglia, insieme ed in perfetta sintonia sui rispettivi ruoli complementari , possono riuscirci.

Giorgio Fiorenza