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GIUDA ISCARIOTA STA ALLA REDENZIONE COME CONTE STA AL PRESIDENTE DELLO STATO FEDERALE

Abbiamo dedicato un precedente articolo a porre in evidenza quanto sia deludente lo spettacolo cui siamo costretti ad assistere in questa ultima decade di gennaio, con un presidente del consiglio indicato da quella che fu la maggioranza in Parlamento, diversa peraltro dalla maggioranza presente da circa un decennio nel Paese, assurto dal niente ai favori delle cronache, impegnato a consolidare il proprio governo nonostante la contrarietà persino di chi lo aveva inizialmente sostenuto. Abbiamo quindi riconosciuto a questo governo il merito di avere dato prova della esistenza di Dio tramite la entificazione del niente cui è ricorso e sta ricorrendo. Dobbiamo peraltro ammettere di essere stati troppo severi nei confronti del camaleontico presidente del consiglio e della sua capacità di adattarsi al divenire, dovendogli riconoscere di avere dato prova con la propria condotta non soltanto della esistenza di Dio, ma persino dell’importanza e della improcrastinabilità della riforma in senso federalista di cui al disegno di legge di riforma costituzionale depositato il 4 luglio dello scorso anno dal senatore Manuel Vescovi. Ed invero, in quale migliore modo sarebbe stato possibile dimostrare limpidamente ai cittadini l’importanza dell’elezione diretta del presidente dello Stato federale, se non mettendo in scena il penoso spettacolo, all’interno delle aule parlamentari, della incessante ricerca di nuovi “costruttori” del niente, richiamati da un pifferaio magico che parla di programmi della cui vacuità di volta in volta  noi cittadini siamo costretti a prendere atto. Richiamo pertanto l’attenzione sugli articoli da 83 a 91 del predetto disegno di legge, destinati fortunatamente a liberarci da goffi mercatini che meriterebbero l’attenzione della Magistratura, al cui interno si muovono soggetti capaci di trasformarsi in un battito di ali da sovranisti convinti in europeisti convintissimi, senza neanche comprendere il significato dell’una e dell’altra qualifica, non a priori escludentesi reciprocamente.  Quasi mi commuove l’idea che si possa direttamente esprimere il voto per un candidato presidente che non sia chiamato poi a formare maggioranze parlamentari in funzione della propria elezione, seguendo gli stati d’animo degli eletti in Parlamento, e, talvolta, il bipolarismo clinico di alcuni, un presidente dello Stato che sia quindi espressione sincera della volontà popolare (termine poco apprezzato nei salotti cosiddetti “buoni”, desiderosi di lasciare ad una sorta di casta di oligarchi ogni decisione idonea ad incidere sui cittadini), responsabile pertanto nei confronti del Paese reale: “il Presidente federale e il Vicepresidente sono eletti a suffragio universale e diretto, con elezione contestuale e collegata…. Il Presidente federale è il capo dello Stato e rappresenta l’unità federale”. Ed allora, se l’attuale presidente del consiglio ha potuto dare prova della esistenza di Dio tramite l’entificazione del niente, ci sia consentito fare un ironico seppur rispettoso confronto, restando ai “personaggi” principali della storia del cristianesimo,  tra il medesimo presidente del consiglio e Giuda Iscariota: se, come affermato da Jorge Luis Borges,  non è possibile ammettere un fatto casuale nel più importante avvenimento della storia mondiale di cui alle Sacre Scritture, con l’effetto che “il tradimento di Giuda non fu casuale”, bensì un qualcosa di prestabilito in funzione della redenzione, così non è possibile ammettere che l’arrivo di Conte e la sua parabola discendente, – disseminata di tentativi di restare in carica nonostante la palese incapacità di affrontare, con la sua maggioranza raccogliticcia,  le sfide di un tempo complesso – rappresentino un qualcosa di casuale nella storia del nostro Paese, trattandosi al contrario di un qualcosa di prestabilito in funzione del passaggio definitivo alla elezione diretta del presidente dello Stato: in sintesi, l’avvilente dramma cui stiamo assistendo offre prova certa della necessità di addivenire ad una riforma costituzionale che realizzi l’elezione diretta del Presidente dello Stato, così da sottrarre la nomina dello stesso a compromessi e siparietti indegni  di un Paese come il nostro. Il dramma ed i suoi attori come un qualcosa di prestabilito in funzione salvifica per il nostro Paese.

Silvio Pittori

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