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JOE BIDEN NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI:

IMMEDIATI I COMPLIMENTI DA PARTE DEL NOSTRO GOVERNO. LA FORMA INNANZITUTTO. PER LA SOSTANZA TRA PROCLAMI E RITIRATE POI SI VEDRA’

Come dire: tanto tuonò che alla fine piovve, e quella che sembrerebbe una tempesta perfetta pare si sia alla fine concretizzata svegliandoci in un grigio mattino all’ insegna del Lockdown e trovandoci Joe Biden, come ampiamente pronosticato, quarantaseiesimo Presidente degli Stati Uniti, con il risultato di consegnare alla storia il trumpismo e la sua politica che potremmo semplicemente sintetizzare nel suo sbandierato “americans first”. 

Tutto questo al termine di una campagna elettorale tanto feroce quanto accesa che ha avuto il risultato di portare al voto un numero di elettori senza precedenti e che all’ alba del nuovo giorno vede un America profondamente spaccata in due atteso il non rilevante distacco tra i due contendenti.

Ciò che semmai stupisce, nonostante le diverse posizioni internazionali al riguardo, l’ assoluta fretta con cui tutte le cancellerie si sono premurate di salutare il nuovo Presidente in pectore, ivi compreso lo stesso Stato d’ Israele che a Trump deve incredibili fughe in avanti come nessun altro Presidente aveva mai fatto soprattutto al riguardo di Gerusalemme capitale e la sua decisione di ivi spostare la relativa ambasciata. Ma altrettanto è da dirsi degli attori europei, questi si ben lieti di essersi liberati di un fastidioso interlocutore oltreoceano. Complimenti a cui si è allineato addirittura il premier inglese (sempre più in difficoltà) che soltanto qualche giorno prima con Trump stava gettando le basi di un rilevante asse commerciale di libero scambio che avrebbe dovuto in parte colmare quel che veniva a mancare all’ indomani della Brexit.  

Tutti unanimi pertanto nell’ augurare un buon lavoro al nuovo Presidente e l’ auspicio di riallacciare quei rapporti che con il predecessore si erano quantomeno intiepiditi. La curiosità ora sarà tutta nel rivedere quale piega assumerà la guerra commerciale in atto con la Cina, i rapporti mai facili con l’ Iran all’ indomani della risoluzione degli accordi sul nucleare, i rapporti sempre più deteriorati quasi ai livelli della guerra fredda con la Russia, i rapporti con l’ Europa e l’ embargo di alcuni prodotti commerciali e, last but non least, la posizione da assumere in medio oriente e con i Paesi arabi a fronte di una aggressiva politica espansiva della Turchia sempre più desiderosa di giocare un ruolo chiave nell’ area. Sono molte le aspettative sulla carta tra le quali non marginale il ventilato rientro degli Stati Uniti negli accordi di Kioto sul clima. Accordo che, senza la cooperazione degli Stati Uniti era ormai decisamente monco.

Complimenti e fretta di collaborare che ovviamente non sono mancati da parte dell’ Italia, il cui lungo messaggio affidato al Presidente della Repubblica ha finito per offuscare quello dell’ attuale Premier, dicendola assai lunga anche sullo stato dei rapporti tra i due nonostante i continui rilevanti sforzi del primo di dare copertura istituzionale al secondo.

Quello che semmai stupisce è la pervicace volontà da parte dell’ Italia di muoversi come se si avesse ancora un ruolo, si contasse ancora qualcosa, o pensi di apparire molto più semplicemente credibile, nonostante sia chiarissimo a tutti il peso internazionale attuale del nostro Paese che, al di là delle parole cerimoniose di circostanza, nei fatti e praticamente molto vicino allo zero assoluto.

Frutto questo si da una parte dalla storica mancanza di stabilità dei vari governi che si sono susseguiti negli anni, e quindi dalla consapevolezza da parte degli altri di trovarsi di fronte interlocutori occasionali le cui determinazioni lascavano il tempo che trovavano, ma anche e soprattutto di quello che è oggi chiaro a tutti in termini di assoluto stato confusionale della nostra politica estera sempre ballerina tra la fedeltà al Patto Atlantico (mai messa in discussione per il vero) e le continue sortite con la Cina e la Russia, la pressoché totale ritirata in Libia (e dei relativi cospicui interessi finanziari imprenditoriali e commerciali) e, da ultimo, l’ atteggiamento ondivago con la Turchia e l’ Iran senza contare la Siria nella cui crisi si è continuato ad oscillare tra i due veri grandi contendenti: Russia e Turchia appunto. 

Così non basta la sola situazione di un Governo delle incompiute e delle promesse mancate, vero e proprio “immobilis in mobili” (immobile nell’ elemento mobile), ma anche lo stato confusionale internazionale che stride con la fretta di correre a salutare e ad abbracciare il nuovo Presidente degli Stati Uniti.

Se da una parte infatti abbiamo nell’ ordine l’ inerzia dimostrata nelle more della seconda ondata della pandemia per sanità, scuole, infrastrutture, trasporti, grandi opere e riforme inesistenti su giustizia lavoro e pensioni  tra decreti attuativi mai avviati e laddove avviati disattesi dallo stato comatoso della nostra burocrazia (vedasi cassa integrazione, sussidi e, da ultimo, bonus biciclette e monopattini), dall’ altra abbiamo quello che potremmo molto semplicemente definire l’ enorme confusione di capire “chi sta con chi”.

E quindi ecco che i lavori pubblici, nonostante da tempo e cospicuamente finanziati, sono fermi e ovunque legati a doppio filo di quella burocrazia asfissiante da cui  sempre lo Stesso Premier da più di un anno con il suo “decreto semplificazioni” (che per il vero appare ai più attenti interpreti un capolavoro nell’ arte di rendere complesso ciò che sarebbe semplice) va affermando ci avrebbe emancipati dall’ oggi al domani; ecco ancora l’ annuncio di voler nominare per risolvere tutto l’ ennesima squadra di massimi esperti o commissari straordinari (ma in Italia qualcosa di ordinario è proprio impossibile?) che dovrebbero gestire i finanziamenti derivati dai famosi Recovery Fund di cui (sempre ammesso che arrivino) se ne parlerà al massimo l’ anno prossimo (forse), vista l’ assoluta inconsistenza dei propedeutici Recovery Plan da sottoporre all’ esame della Commissione europea; o, continuando nell’ elenco, la persistenza dell’ assoluto impasse permanente dell’ accordo salutato in pompa magna con  Autostrade spa che doveva sancire l’ uscita dei Benetton dalla controllante Aspi per cedere le loro quote a Cassa Depositi e Prestiti: peccato che quest’ ultima non si vuole certo accollare i debiti dovuti a titolo di risarcimento danno di cui gli stessi Benetton ovviamente vogliono invece liberarsi (prepariamoci a pagare di tasca nostra i debiti suddetti se si vuole che l’ operazione vada in porto ed i Benetton possano festeggiare).

L’ elenco può proseguire riguardo ai festosi annunci (la “battaglia legale del secolo” annunciava entusiasta il Premier mesi or sono) seguiti da meste retromarce sul caso (non) risolto dell’ ex Ilva di Taranto la cui nazionalizzazione alla fine di novembre sarà inevitabile (tanto paga sempre Pantalone) con tanto di fardello esuberi ed un piano industriale inesistente: non si trovano acquirenti come non si trovano per Monte dei Paschi e non si trovano per Alitalia che lo Stato continua ad avere sulle sue spalle con tanto di perdite a bilancio.

Ma ancora riforma del fisco, della giustizia e la questione del rilancio dell’ economia a dispetto degli inutili e costosi Stati generali (altra passerella di esperti a nostre spese) e dell’ altro continuo costoso finanziamento di sussidi vari e prebende  come il reddito di cittadinanza: una manna per i nullafacenti volontari e una damnatio per tutti coloro che vorrebbero lavorare e sono invece costretti a chiudere  per norme tanto assurde quanto stolte che invece di colpire i comportamenti irregolari dei singoli colpiscono le attività.

Un immobilismo totale in mezzo al quale con tutte le necessità del Paese l’ attuale maggioranza (???) risponde con il più che necessario provvedimento che tutte le realtà economiche ed i cittadini stavano aspettando: la legge sulla trans omofobia.

Come dire: con tanto di volare alto alla fine ogni contatto con il reale è pura fantasia ed astrazione.

Cosicché poco importa di chiudere le porte a negozi, ristoranti ed attività spalancando invece quelle dei porti così da continuare a finanziare (sempre a nostre spese) il business dei trafficanti di esseri umani e speculatori finanziari internazionali, quello che importa è piuttosto quello di affrettarsi a complimentarsi con il vincitore di turno in quella logica tutta propria del nostro Governo il cui apparire è di gran lunga più importante dell’ esserci e quindi dell’ agire.

Ma come giustamente suggeriva all’ attuale Premier Antonio Rossitto su Panorama più che rifarsi a Winston Churcill, di cui egli si vanta di avere tutte le opere ed il suo indiscusso decisionismo con cui decise le sorti della guerra, meglio sarebbe invece se questi andasse a rileggersi il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, questo si un elogio di quell’ indecisionismo che fu fatale al suo personaggio principale, Giovanni Drogo,  con la variante che li quest’ ultimo alla fine comprende quale fosse in realtà la sua personale missione, e centra l’obiettivo della sua esistenza che nel romanzo è la sconfitta non della morte ma della paura di morire: nel nostro caso invece basterebbe comprendere come così continuando in Italia non si sconfiggerà la paura di morire o la morte, ma si sconfiggerà solo e soltanto un Paese mandato incontro alla sua rovina.

Mauro Mancini Proietti