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L’ ECOFIN HA APPROVATO IL PNRR: ORA DALLE PAROLE AI FATTI TRA CONCRETEZZA E FANTASIA, RIVOLUZIONI MANCATE E RIVOLUZIONI PROMESSE.

La vulgata popolare ci dice che non c’ è due senza tre (anche se la terza è sempre diversa dalle prime due aggiunge) e, certo, dopo la vittoria canora dei  Maneskin all’Eurovision,  gli esaltanti risultati sportivi dati dallo storico secondo posto di Berrettini a Wilbledon e, soprattutto, agli Europei dalla nostra nazionale di calcio, non poteva mancare uno splendido risultato in campo economico allorchè il presidente di turno dell’Ecofin, il ministro sloveno Andrej Šircelj, ha ufficializzato l’ approvazione del nostro Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza per 191,5 miliardi di Euro.

Per il vero oltre che all’Italia l’ok è giunto anche  per Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lussemburgo, Portogallo, Slovacchia e Spagna, ma è comunque un successo per un’ approvazione che era già nell’ aria dopo il via libera della Commissione Europea annunciatoci dalla Presidente Von der Leyen durante la sua recente visita a Roma.

Ma se il via libera dei ministri dell’economia europei era a questo punto quasi scontato, non lo era affatto l’assenza di qualsiasi eccezione o perplessità nel merito della consistenza dei piani, i quali invece sono stati tutti approvati senza eccezione di sorta.  

E su questo il cambio di passo inferto dal Presidente Draghi rispetto al parolaio Conte, con il quale l’ approvazione come più volte ho avuto modo di affermare su queste pagine era tutt’ altro che scontata (soprattutto nella  sua ripartizione tra sussidi a fondo perduto e la loro composizione in prestiti con tanto di interessi da restituire), è di tutta evidenza.  E questo  alla faccia delle oscene sceneggiate dei suoi costosi “Stati nazionali dell’ economia” che sono ancora li a gridare a vendetta al cielo per i loro costi oltre al loro assoluto nulla di fatto in termini di fiera delle fiabe che ebbero a portare.

Ma qui si parla di altro spessore e di ben altro rispetto per l’ uomo da parte dei leader degli altri Stati che riconoscono in Draghi assoluta competenza, sobrietà ed essenzialità, rispetto alle burattinate del suo predecessore già oggetto tra questi  di generale ilarità e ben altri commenti.

Ad oggi pertanto sono 191,5 i miliardi di euro che arriveranno nei prossimi cinque anni, anticipati fra poche settimane dai  primi 25 miliardi in un unico versamento, ossia come da programma con un’ anticipazione par al 13% delle risorse totali destinate al nostro Paese.

Il Piano (PNRR), è bene ricordarlo ai più, si inserisce all’interno del noto programma Next Generation EU (NGEU), di cui il principale componente è appunto il succitato Dispositivo per la Ripresa e Resilienza, Recovery and Resilience Facility, (RRF), che ha una durata di sei anni, dal 2021 al 2026: prevede investimenti e un coerente pacchetto di riforme, a cui sono allocate le predette risorse, oltre ad altri 30,6 miliardi  stanziati in sede nazionale attraverso il Fondo complementare  recentemente istituito a valere sullo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri in data 15 aprile u.s.

Esso si sviluppa intorno a tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale, e prevede inoltre un investimento significativo sui giovani e le donne, articolandosi principalmente  lungo sei missioni:

la “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” per la quale si stanziano complessivamente 49,2 miliardi (di cui 40,7 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 8,5 dal Fondo complementare) con l’obiettivo di promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in due settori chiave per l’Italia, turismo e cultura. (14,1 i fondi previsti per Regioni province e comuni). Ricomprende il progetto “scuola connessa” per portare l’ accesso in rete di ulteriori ori 9.000 scuole ed un “approccio digitale per il rilancio di turismo e cultura”;

la “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica” che vede stanziati complessivi 68,6 miliardi (59,3 miliardi dal Dispositivo RRF e 9,3 dal Fondo) con gli obiettivi principali di rendere il territorio nazionale resiliente agli inevitabili cambiamenti climatici, migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva. (24,5 i fondi previsti per Regioni province e comuni). Esso ricomprende il potenziamento del riciclo rifiuti; la riduzione delle perdite di acqua potabile sulle reti idriche; 50.000 edifici privati e pubblici più efficienti, per un totale di 20 milioni di metri quadrati; lo sviluppo della ricerca e del sostegno dell’uso dell’idrogeno nell’industria e nei trasporti; l’ aumento dell’ efficienza energetica di edifici pubblici e privati (con Casaitalia); l’ incremento delle energie rinnovabili; progetti integrati di “isole verdi”; sviluppo di una filiera agricola sostenibile;

 “Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile” per un importo complessivo di 31,4 miliardi (25,1 miliardi dal Dispositivo RRF e 6,3 dal Fondo). Il suo obiettivo primario è il processo di decarbonizzazione lo sviluppo di un’infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile ed estesa a tutte le aree del Paese. (4,5 i fondi previsti per Regioni, province e comuni). Ricomprende la Modernizzazione e il potenziamento delle ferrovie regionali; sviluppo di una mobilità sostenibile incluso il rinnovo del parco automezzi anche locale e rinnovo di autobus a basso impatto ambientale (regioni e comuni); adozione di soluzioni basate sull’ idrogeno; completamento ciclovie urbane e turistiche; monitoraggio tecnologico di ponti e viadotti; efficientamento;

“Istruzione e Ricerca” per complessivi 31,9 miliardi di euro (30,9 miliardi dal Dispositivo RRF e 1 dal Fondo) con l’obiettivo di rafforzare il sistema educativo, le competenze digitali e tecnico-scientifiche, la ricerca e il trasferimento tecnologico. (9,8 i fondi previsti per Regioni provincie e comuni). Ricomprende la realizzazione di 228.000 nuovi posti in asili nido e scuole materne e servizi di educazione e cura per la prima infanzia per bambini fra 0 e 6 anni; potenziamento infrastrutture per lo sport e la scuola; piano di estensione del tempo pieno e mense; sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria (ITS); 100.000 classi trasformate in connected learning environments; ristrutturazione di scuole per 2,4 milioni di metri quadrati; cablaggio di 40.000 edifici scolastici;

 “Inclusione e Coesione” per complessivi 22,4 miliardi (di cui 19,8 miliardi dal Dispositivo RRF e 2,6 dal Fondo) per facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso la formazione, rafforzare le politiche attive del lavoro e favorire l’inclusione sociale. (20,5 i fondi previsti per Regioni province e comuni). Ricomprende un programma nazionale per garantire occupabilità dei lavoratori; Un ‘Fondo Impresa Donna’ a sostegno dell’impresa femminile; Più sostegni alle persone vulnerabili, non autosufficienti e con disabilità; Investimenti infrastrutturali per le Zone Economiche.

Da ultimo la “Salute” con 18,5 miliardi (15,6 dal dispositivo RRF e 2,9 dal Fondo) con l’ obbiettivo di rafforzare la prevenzione ed i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure. (14 i fondi previsti per regioni province e comuni). Ricomprende la realizzazione di nuove 1.288 nuove Case di comunità e 381 ospedali di comunità per l’assistenza di prossimità; fornire assistenza domiciliare al 10% degli over 65; 602 nuove Centrali Operative Territoriali per l’assistenza remota; Oltre 3.133 nuove grandi attrezzature per diagnosi e cura

Ma non finisce qui, e qui vengono tuttavia le noti dolenti. Detto Piano di rinascita, proprio per essere tale porta, o meglio porterebbe con se, un ambizioso programma di riforme, per facilitare la fase di attuazione, e più in generale contribuire alla modernizzazione del Paese e rendere il contesto economico più favorevole allo sviluppo dell’attività di impresa: la riforma della Pubblica Amministrazione per dare servizi migliori, favorire il reclutamento di giovani, investire nel capitale umano e aumentare il grado di digitalizzazione, e la riforma della giustizia che mira a ridurre la durata dei procedimenti giudiziari, soprattutto civili, e il forte peso degli arretrati.

Vi sarebbero  poi, a ben vedere, interventi di semplificazione orizzontali al Piano, ad esempio in materia di concessione di permessi e autorizzazioni e appalti pubblici, per garantire la realizzazione e il massimo impatto degli investimenti oltre le riforme per promuovere la concorrenza come strumento di coesione sociale e crescita economica.

Solo così Il PNRR potrà avere un impatto significativo sulla crescita economica e della produttività previsto a 3,6 punti percentuali più alto rispetto a uno scenario di base.  Ma approvare in tempi rapidi le riforme è  allora un presupposto indispensabile  “per continuare a mostrarci un Paese credibile e affidabile”. Ma è proprio su questo che le perplessità non mancano soprattutto per quanto concerne la riforma della pubblica  amministrazione e, e soprattutto, della giustizia di cui vedi anche il referendum in atto da parte della Lega che sul punto si sta spendendo su tutto il territorio nazionale.

Non che si voglia apparire pessimisti ma vi è la consapevolezza che si tratta di mostri tutti italici difficili da abbattere tenendo conto delle resistenze di una burocrazia farraginosa ed improduttiva ed il sistema delle correnti e dei privilegi che gode la magistratura in generale. Un vero e proprio corpo estraneo rispetto al Paese anche solo guardando quanto ci costano in Europa i risarcimenti danni per mancata giustizia e il risultato a volte davvero aberrante di certe sentenze che sono agli antipodi del buon senso e della ragionevolezza. Altro che primato della legge.

Ne consegue che se molto è stato fatto, credo che molto, molto altro, sia ancora da fare e che sarà difficile a praticarsi sino a che all’ interno del Governo continueranno a muoversi le pastoie (anche ideologiche) di chi ritiene lo Jus soli una priorità, il diritto alla salvaguardia del proprio territorio rispetto ad una immigrazione incontrollata, una pericolosa deriva razzista e nazionalistica e la tassa sui patrimoni per fare l’ ennesima elemosina di Stato (insieme al criminogeno reddito di cittadinanza) una ragione di civiltà.

Questo senza poi contare l’ inutile decreto liberticida (decreto Zan) che punisce ciò che risulta già punito e che vuole in realtà punire ciò che ancora non si era pensato di punire in Italia: le idee non allineate.

Difficile immaginare che privilegiati, fantasisti e gli anti Stato per professione decidano di contribuire a fare qualcosa di utile. Più facile continuare a vendere favole e proclami fantasiosi ed ipocriti come il precedente Governo piuttosto che rimboccarsi le maniche. Ma questa è la situazione attuale e con questa bisognerà andare avanti almeno fino a che ai cittadini non si torni a dare loro l’ unico diritto ancora possibile: quello di tornare presto a votare.

Mauro Mancini Proietti

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