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LA TURCHIA RECEDE DALLA CONVENZIONE DI ISTANBUL: ATTO GRAVE ED INACCETTABILE

Il ritiro di queste ore del Governo di Ankara dalla Convenzione di Istanbul del 2007, al di là della sua gravità in se, se pure ce ne fosse bisogno, è un ulteriore indice della attuale debolezza di Erdogan sul piano interno che lo vede sempre più schiacciato da una crisi economica che morde, dalla freddezza del  suo alleato nemico russo, ed da una esigenza di dover ancora una volta cedere ad una deriva dell’ ala più oltranzista ed ortodossa della sua maggioranza. Una situazione  che per paradosso lo consegna ancor di più all’ abbraccio mortale di quell’ Iran sciita a sua volta sempre più isolato nell’ area medio orientale.

Se quindi quest’ ultima mossa rende di plastica evidenza l’ attuale debolezza della Turchia da poco richiamata all’ ordine dagli Stati Uniti e dalla Germania sul piano delle alleanze rispetto al più ampio ed aspro confronto politico e commerciale che vede contrapposti Stati Uniti Russia e Cina, dall’ altra fa riemergere ancora una volta gli angusti perimetri in cui è considerato il ruolo della donna e delle donne in generale in determinate culture dominanti, e che le vede  relegate in una posizione di subalternità in un rapporto sempre più asimmetrico e diseguale dei due sessi e fondato sul genere in cui è piuttosto l’ elemento della violenza a prevalere.  

E questo ritiro dalla Convenzione che per prima ha sancito a livello internazionale i diritti e le esigenze di tutela delle donne, con degli indubbi riflessi negativi sulla relativa legislazione interna a quel Paese, è da considerarsi tanto più grave in un momento storico come quello che stiamo vivendo oggi che, causa anche la crisi pandemica ed economica che si sta vivendo a livello internazionale e le forzate chiusure, sta vedendo incrementarsi oltre ogni misura il numero dei femminicidi.

E’ infatti ormai un patrimonio diffuso dal punto di vista criminologico il fatto che si tratta di reati che travalicano l’ esigenza di redditività che il crimine porta con se, e che vede appunto nel profitto la sua illecita giustificazione, qui ci troviamo di fronte a motivi piuttosto di carattere storico culturale che patologici.

Se da una parte infatti la morale borghese, si prenda Sorel ad esempio, quasi ci parlava di una rispettabilità della violenza come segno delle origini ancestrali dell’ uomo,  ritenendola quindi quale elemento insito nella sua natura quale efficace mezzo di lotta politica dal punto di vista giusnaturalistico, dall’ altra non possiamo non tenere conto che in questo caso ci troviamo purtroppo  di fronte ad una tragica realtà,  evidenziata dalla ricorrente cronaca di questi giorni, che si fonda in troppi casi in una presunta e mal celata sindrome di possesso dell’ uomo nei confronti della donna e delle sue scelte. Violenza che si consuma prevalentemente nell’ ambito di mura che si vorrebbero affettive tanto da dare ragione alla Diana Russel allorchè affermava che se quasi sempre gli uomini muoiono per mano di altri uomini, le donne, troppe donne, muoiono par mano dei propri partner.

E’ questo uno dei motivi che fa ritenere assai grave più sul piano simbolico che fattuale, detta battuta di arresto irreversibile che la Turchia e il mondo islamico hanno voluto segnare. E questo molto più di quello che detta Conferenza internazionale ha rappresentato  e che rappresenta nei confronti dei contenuti dell’ accordo e di tutta la legislazione di recepimento che di questa è stata data negli ordinamenti interni dei Paesi che vi hanno aderito.

Non bisogna infatti dimenticare la grande evoluzione avuta sul piano dei diritto interno la normativa di contrasto alla violenza di genere non solo dal punto di vista penalistico, ma anche dal punto di vista civile ed amministrativo oltre i vari protocolli che vi si sono succeduti come quello del Codice rosa nella fase dell’ ascolto delle vittime di tali reati, ma anche dal punto di vista del Codice rosso dal punto di vista processualistico e di accelerazione dei relativi termini oltre che di individuazione di ulteriori fattispecie penalmente rilevanti come ad esempio il revenge porn ed il deturpamento del viso.

Istituti come l’ allontanamento del nucleo famigliare del soggetto violento direttamente ad opera della polizia giudiziaria, le procedure per direttissima nell’ applicazione dell’ analoga misura cautelare, il divieto di avvicinamento, l’ istituto dell’ ammonimento del Questore, costituiscono infatti una vera e propria conquista.

Come una conquista sono stati tutti quegli interventi, a partire dalla normativa sullo stalking, che sul piano sociale prima, che giuridico poi, sono stati dati dalle “reti di protezione per le donne” da parte dell’ associazionismo privato giuridicamente riconosciuto, a partire dalle cosiddette “prime 72 ore”, le case rifugio ed il sostegno legale e psicologico ad esse riservato.

Il punto di fondo diviene semmai il fatto che del fenomeno da anni se ne cominci a parlare e pervada le varie coscienze, spostando il bene interesse protetto dall’ alveo dei delitti contro la persona a quella dei delitti contro l’ umanità con questo spostando verso l’ alto l’ asticella della perseguibilità d’ ufficio di questi reati piuttosto che sulla mera querela di parte.

Dovremmo tutti ricordare infatti che è il muro del silenzio e delle reticenze il vero mostro da abbattere ed è per questo che  atti simbolici (ma nemmeno tanto) come quello turco deve sollevare unanime la risposta della comunità internazionale. E questo proprio perché la violenza di genere costituisce un unicum rispetto alla violenza in generale stante la genesi dei suoi presupposti che vede appunto negli stereotipi di tipo patriarcale il suo fulcro.

E se questa è la realtà sarà allora bene non dimenticare come detti fenomeni prima ancora che sul piano giudiziario e meramente repressivo è sul piano culturale e preventivo che vadano contrastati. E se questo è vero è anche vero che proprio nella politicità del’ atto di ritiro che andranno colti i segnali di un profondo disagio culturale che pervade determinate società che continuano a mascherare con motivi pseudo religiosi, guasti che sono fondati proprio nella strutturalità di certe diseguaglianze tra i sessi dure a morire e che saranno sempre causa di prevaricazioni ed abuso troppo spesso nel silenzio della comunità internazionale al di là delle mere dichiarazioni di principio sui diritti umani.

Ed è in questo e soltanto in questo al di là del gesto, che le coscienze sarebbero chiamate a muoversi ove appare troppo facile mascherare debolezze di politica internazionale ed interna, con azioni di forza gratuita  contro il più facile dei bersagli da colpire in quel tipo di società: quello delle donne che  ancora una volta più che essere persone e quindi soggetti  meritevoli di tutela, finiscono ancora una volta per essere solo un semplice oggetto della stessa.

Mauro Mancini Proietti

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