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HO PRESO PARTE AL PICCHETTO D’ONORE DEI CARABINIERI

Ho letto con interesse l’articolo del senatore Manuel Vescovi, scritto per ricordare due suoi colleghi poliziotti  uccisi in servizio trent’anni fa. Condivido pienamente le riflessioni sviluppate dal senatore, che mi hanno riportato al periodo 1990-1991, nel quale ho avuto l’onore di vestire la divisa dell’Arma dei Carabinieri.  Porto nel cuore molte esperienze vissute in quei dodici mesi, che certamente hanno contribuito alla mia crescita umana. Una di quelle esperienze mi ha segnato in profondità. Era l’estate del 1990, per la precisione il primo giugno 1990, quando un giovane criminale, affetto da patologie mentali, veniva fermato nel centro di Siena per un normale controllo (come si dice, un controllo di routine). Quel controllo di routine si sarebbe trasformato in pochi attimi in una tragedia. Alla richiesta dei due Carabinieri – Mario Forziero, sposato e padre di due figlie, e Nicola Campanile, ausiliario (di leva), – di esibire i documenti, il giovane, seduto su un motorino, estraeva un’arma ed uccideva in pochi attimi entrambi i Militari, senza concedere loro neanche il tempo di reagire. Dalla finestra di un appartamento  un Carabiniere fuori servizio sparava alcuni colpi di pistola contro il criminale, che però riusciva a fuggire. Dopo pochi minuti il criminale veniva fermato da agenti della Polizia di Stato e successivamente processato, avendo persino ammesso di avere ucciso pochi giorni prima un pensionato fiorentino incrociato per caso, di cui mi onoro di conoscere il figlio. La città di Siena ricorda doverosamente ogni anno, con una solenne cerimonia, i due Militari uccisi.  All’indomani di quel fatto tragico, fui scelto dall’Arma per prendere parte al picchetto d’onore che si tenne nella Cattedrale di Siena. Non avrei mai immaginato l’impatto psicologico derivante dall’essere parte di un picchetto d’onore in suffragio di due Militari uccisi in servizio.

Ricordo l’emozione profonda nel vedere i due feretri  dei Carabinieri con il Tricolore, che erano certamente onorati di rappresentare, ed il composto dolore dei loro cari, increduli oltretutto che un fatto così grave fosse accaduto in una città come Siena, nonché la forza che promanava dai Militari presenti, che si stringevano intorno ai parenti delle vittime, e che saldavano tra di loro il rapporto di reciproca fiducia quali appartenenti ad un Corpo chiamato a tutelare i cittadini. Di fronte a quell’emozione ancora così viva dopo trent’anni, non posso non condividere la censura mossa dal senatore Vescovi nei confronti di colei che ha sostenuto di essere turbata dal vedere affidare ad un pluridecorato Militare italiano la logistica in tema di vaccini, quasi che fosse naturale diffidare di chi veste una divisa del nostro Paese. Oltretutto, una sensazione, quella della turbata signora, disattesa dai sondaggi che hanno mostrato negli anni come la fiducia dei cittadini italiani negli uomini in divisa, in particolare, negli appartenenti all’Arma dei Carabinieri, non sia mai, negli anni, diminuita. Invito pertanto la diffidente signora prima di esprimere giudizi, a conoscere da vicino le donne e gli uomini che vestono con onore quotidianamente la divisa, esponendosi a rischi non sempre percepibili dai cittadini, consentendo a tutti noi di vivere serenamente le nostre vite, confidando che qualcuno possa esercitare nel nostro interesse quei diritti il cui esercizio abbiamo delegato allo Stato. Nell’associarmi idealmente alla protesta legittimamente mossa dagli appartenenti alle Forze dell’Ordine ed alle Forze Armate, cui vanno i miei personali ringraziamenti per l’opera quotidianamente prestata, concludo l’articolo ricordando alla  signora non soltanto che “si vis pacem parabellum”, ma anche la motivazione con la quale ai due Carabinieri uccisi a Siena è stata rilasciata la medaglia d’oro al valor civile: “Componenti pattuglia automontata mentre si apprestavano all’identificazione del conducente di un motociclo, venivano fatti segno di un’improvvisa azione di fuoco. Benchè gravemente feriti, cercavano di reagire con l’arma in dotazione ma, nel disperato tentativo di inseguire il malvivente, si accasciavano al suolo. Splendido esempio di giovani vite immolate con grande ardimento ed altissimo senso del dovere”.Senso del dovere”, gentilissima signora Murgia!

Silvio Pittori

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