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25/01/2023 — Avatar: L’ipocrisia dell’America progressista che ancora non ha fatto pace con il suo passato.

Effetti speciali e sensi di colpa.

Un successo straordinario quello riscosso dal sequel di Avatar, uscito al cinema lo scorso mese e che, in termini di risultati, non ha avuto nulla a cui invidiare al primo episodio della saga. Un film scritto, diretto e recitato sulla falsa riga del precedente.

Una trama molto semplice che vede la solita contrapposizione netta tra bene e male. Come nel primo capitolo il bene è rappresentato dai popoli autoctoni del pianeta Pandora e da tutti coloro che vogliono difenderli dalla minaccia umana. Il male è incarnato invece dagli uomini, una specie considerata debole sul piano fisico se paragonata agli abitanti di Pandora ma supportata da un uso spietato delle tecnologie più avanzate.


Il classico stereotipo della lotta tra indiani e cowboy in una società statunitense sempre più buonista che evidentemente non ha ancora risolto i suoi scheletri nell’armadio e il proprio passato da conquistatrice. Peccato che quella tecnologia tanto vituperata, distruttrice di una natura pura e simbolo del male portato dall’uomo occidentale in un’America ancora incontaminata, sia lo stesso mezzo con cui è stato possibile realizzare un prodotto che è un trionfo di effetti speciali, innovazione e costosissime tecniche all’avanguardia in ambito cinematografico. Una pellicola che, di certo, i nativi americani non sarebbero mai stati in grado di girare tra una cavalcata senza sella e una danza della pioggia.
Un altro tema ridondante nel film e molto di moda in questi anni è quello che vede la natura come un soggetto sensibile e buono, che tutela tutte le specie che la popolano e con le quali riesce a vivere in perfetta simbiosi. Un paradiso perfetto che non deve essere dominato dagli strumenti della scienza e che garantisce a tutti ciò di cui hanno bisogno. Nulla di più lontano dalla realtà delle cose. Sfido gli autori di Avatar e tutti gli ambientalisti da battaglia a sopravvivere un mese nella giungla amazzonica senza il supporto di alcun tipo di tecnologia… Probabilmente verrebbero mangiati da qualche felino, punti mortalmente da un insetto letale o avvelenati da piante esotiche. Luoghi come la foresta amazzonica sono senza dubbio fondamentali per la sopravvivenza dell’uomo civilizzato ma standoci a debita distanza. La natura, quella vera, è l’esatto opposto di quella descritta in Avatar. Più è incontaminata e selvaggia più è complicata da domare e distruttiva per la sopravvivenza umana. La natura non segue le leggi della morale o dell’etica ma solo quelle della scienza. È proprio controllando queste leggi e imparando a sopravvivere alla natura che l’essere umano è riuscito ad imporsi come specie dominante del pianeta e a garantire un benessere medio sempre maggiore all’umanità.
Il sottotesto del film è chiaro: il progresso porta sempre distruzione. Un messaggio drastico, inconcludente e soprattutto ipocrita considerando che viene veicolato grazie ai mezzi più progrediti in circolazione.
Al di là del messaggio, ciò che rende Avatar un film che merita di essere visto sono infatti proprio le sue caratteristiche tecniche. Regia di James Cameron e centinaia di milioni di dollari a budget sono un binomio che garantisce sempre un prodotto di enorme qualità audiovisiva. Non mancano le citazioni di Cameron al suo Titanic con l’aggiunta di scene dall’alto tasso tecnico e effetti speciali curati nel dettaglio valorizzati dalla visione in 3d che garantisce per oltre 2 ore e mezza un’esperienza di immersione totale che chi ama il mezzo cinematografico non può non apprezzare. Ovviamente, visto su qualsiasi altro dispositivo che non sia un cinema 3d il film non ha senso di esistere.
La trama e i personaggi, come avviene nella maggior parte dei colossal attuali, sono palesemente scritti con un algoritmo predittivo, non hanno alcun elemento di innovazione o di originalità ma, per un film del genere, c’è poco da fare: funzionano!

Come Avatar 1, anche Avatar La Via dell’Acqua ha riscosso un enorme successo planetario incassando 2 miliardi di dollari nel primo mese, entrando di diritto tra i film più redditizi di sempre. Sicuramente il budget di produzione non è certo da pellicola indipendente con oltre 250 milioni di spese, rientrate però nella prima settimana di uscita del film. Prodotti del genere sono una miniera d’oro per le case cinematografiche e non c’è dubbio che la saga di Avatar verrà spremuta fino all’ultima goccia con numerosi sequel. In ogni caso il messaggio sarà sempre lo stesso: omaggiare la natura incontaminata vittima dei soprusi della scienza sofisticata. In che modo? Attraverso gli strumenti della scienza più sofisticata ovviamente! Geni!

Francesco Silveri

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