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RIUSCIREMO A “RIVEDER LE STELLE”

Sono quattro i decreti legge che hanno ad oggetto la certificazione verde, denominata, in ossequio alla costante quanto voluta perdita della nostra lingua, “Green Pass”, ed alla stessa sono dedicati otto articoli complessivi. In qualunque Paese normale una normativa racchiusa in soltanto otto articoli dovrebbe avere il pregio della chiarezza, specialmente quando l’errata applicazione delle norme contenute in detti articoli diventa presupposto per la comminatoria di sanzioni, apparentemente di natura soltanto amministrativa ma, niente esclude, anche di natura penale.  Ma nel Paese del pressapochismo diffuso, la chiarezza tipica della singola norma  ha oramai lasciato il posto al dubbio complesso (consiglio di leggere le “vecchie” norme, per comprendere come il Legislatore avesse un tempo la capacità tecnica di definire le fattispecie con estrema chiarezza, lasciando poco spazio a dubbi interpretativi). Tant’è che in questi giorni molti imprenditori che saranno a breve chiamati a dare pratica applicazione al singolo articolo che impone la dotazione del green pass per accedere nei luoghi di lavoro, sono tormentati da molte domande che tuttora non trovano risposta. Due le principali: la prima, attiene alle “modalità operative” che ciascun datore di lavoro dovrà definire entro la data del 15 ottobre 2021; la seconda, relativa alle sanzioni previste in caso di omesso controllo, con il quesito se le stesse abbiano, come sembrerebbe da una lettura rapida della norma, soltanto natura amministrativa. Quanto alla prima domanda, sarebbe stato doveroso da parte del Governo tracciare delle linee guida chiare e specifiche, stante la circostanza che creare dei modelli organizzativi in materia, comporta problematiche connesse anche al trattamento di dati “super” sensibili in relazione a ciascun lavoratore dipendente. Ed invece, a quanto risulta, ogni datore di lavoro dovrà delineare un proprio modello, stante l’assenza di modelli standard di origine governativa appunto. L’altra preoccupazione, altrettanto legittima, è quella relativa alle sanzioni applicabili al datore di lavoro che per errore contravviene alla disciplina. Tale preoccupazione sorge da un richiamo apparentemente banale presente nell’articolo 9 septies L. 87/21 (la cui introduzione nel testo normativo è prevista dall’art. 3,  D.L. 127/21) che  al comma IX recita “ In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4 o di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonché per la violazione di cui al comma 8, si applica l’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35”. L’articolo 4 D.L. 19/2020 richiama l’applicazione di sanzioni amministrative, comminate dal Prefetto,  ma l’incipit dell’articolo è il seguente “salvo che il fatto non costituisca reato”, spalancando le porte degli Inferi, in quanto il datore di lavoro che contravviene, anche per semplice colpa (basti pensare alla novità della procedura per comprendere quanto sia elevata la possibilità di sbagliare), a quanto disposto dal suddetto articolo 9 septies, potrebbe essere indagato dalla Procura competente per territorio per reati anche gravi, tra i quali e principalmente quelli previsti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, in particolare dalle norme di cui  al decreto legislativo 81/2008. Ancora una volta gli imprenditori hanno contezza di quanto sia complesso fare impresa nel nostro Paese, un Paese in cui è assente la chiarezza normativa, sapendo che nell’incertezza si apre l’abisso dell’interpretazione che è il contrario della certezza del diritto e quindi della pacifica convivenza. Assistendo a ciò, ancora una volta vengono in risalto alcuni punti fondamentali del programma di Stati Uniti D’Italia, – quale visione strutturata di un Paese moderno, capace di legare cultura e tradizione  da un lato ed innovazione dall’altro -, punti che possiamo individuare nel concetto di   imprenditività, nell’ulteriore senso di una maggiore sensibilità da parte dello Stato nei confronti di chi è chiamato a produrre anche nell’interesse del Paese, così da favorire la crescita personale dell’imprenditore nell’ambito statale, quale presupposto della crescita aziendale, e nel concetto di semplificazione, che non si sostanzia soltanto, seppur principalmente, nella eliminazione della burocrazia, ricomprendendo anche l’idea di un miglioramento della qualità di vita dei cittadini e delle imprese che si attua anche mediante la chiarezza  della normativa. Soltanto così, è dimostrato, potremo riuscire  a “riveder le stelle”.

Silvio Pittori

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