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La costituzione e il nostro sistema fiscale

In questi giorni si paventa un grosso rischio per il sistema Paese Italia. Ci attende un mese di settembre difficile. Mentre il Governo continua a promettere una riduzione delle tasse, ed è contestualmente alla continua ricerca di fondi per garantire il pagamento delle pensioni, del  reddito di cittadinanza, della  cassa integrazione in deroga e degli stipendi per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, la nave Italia, quella sulla quale tutti noi navighiamo, sta affondando in  prossimità delle nostre coste. Troppi i “comandanti” che impartiscono ordini  e sempre meno e meno motivati i marinai che devono gestire, di fatto, questa nave sulla quale viaggiano passeggeri che con il costo del biglietto, contribuiscono a far si che la nave possa viaggiare. Il costo del biglietto è commisurato alla capacità reddituale dei singoli passeggeri. Preliminarmente, qualcuno dovrebbe avvisare questi “comandanti” che la stiva imbarca acqua. Qualcuno dovrebbe consigliare loro  di rientrare in porto per le dovute riparazioni e dopo aver rinforzato gli ormeggi, promuovere una iniziativa  che permetta di valutare chi tra i comandanti può essere riconosciuto come  il Primus inter pares, dato che nessuno di questi “comandanti” (o presunti tali), certamente, sarà disponibile a fare un “passo indietro”.

Non capiscono che se la nave affonda al largo, non solo nessuno di loro avrà più una nave da comandare ma, soprattutto, mettono a rischio la vita dell’equipaggio e dei passeggeri che su quella nave lavorano o che per fare una traversata su questa nave, pagano tutti gli anni un biglietto (le tasse), magari anche salato. Confucio diceva: se in riva al fiume vedi qualcuno che ha fame, non regalargli un pesce… … ma insegnagli a pescare. E’ importante aiutare i cittadini italiani a sopravvivere in questo particolare momento storico ma, contestualmente, deve essere programmata la road map della ripresa. Cosa fare. Rivedere con effetto immediato l’organizzazione della pubblica amministrazione. Qualcuno si è mai domandato quanti sono i dipendenti (compreso i Dirigenti), per esempio,  del Ministero delle Finanze? Che costo hanno su base annua? A fronte di quale volume di imposte e tasse incassate (e non da incassare)? Perché faccio questo distinguo? Perché ormai da anni, l’Agenzia delle Entrate, non è più preposta a verificare, come dovrebbe essere,  eventuali scostamenti tra le varie dichiarazioni dei redditi presentate da un contribuente sia esso un soggetto privato o una società e richiederne le motivazioni. Bensì è divenuta una struttura finalizzata prevalentemente agli accertamenti.  Ha un proprio budget ed obiettivi economici da raggiungere a fine anno.

Proprio per questo, a garanzia della tutela fiscale dei diritti del cittadino – contribuente è intervenuta la stesura dello  “statuto del contribuente” il quale indica, nell’ordinamento giuridico italiano, una serie di disposizioni normative a tutela dei contribuenti nei confronti del fisco. Le disposizioni sono contenute nella legge 27 luglio 2000, n. 212 recante, appunto,  “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”. Statuto che comunque, purtroppo, non sempre viene applicato, anche perché poco conosciuto ma, a puro titolo esemplificativo, è quello che obbliga gli Uffici accertatori, al contraddittorio.  Prima di andare avanti, è però necessario comprendere quale sia stata la filosofia dei nostri Padri Costituenti nella stesura dell’articolo 53 della Costituzione che recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”.

Cosa vuol dire,  in termini pratici,  “criterio di progressività? Vuol dire che l’imposta che i cittadini residenti in Italia  sono tenuti a versare è proporzionale all’aumentare della loro possibilità economica e cioè che  l’imposta cresce con il crescere del reddito. Più guadagni e più paghi in termini percentuali rispetto a chi guadagna meno. L’adozione del criterio della progressività è stato applicato per permettere che le  classi socialmente più abbienti possano “compensare” le minori entrate derivanti dal minor reddito prodotto dalle classi, così da poter contribuire al sostentamento delle classi sociali in difficoltà, garantendo a tutti  i diritti e i servizi sociali fondamentali quali la pubblica istruzione, l’assistenza sanitaria, la previdenza sociale e l’indennità di disoccupazione, parametri sui quali si basa lo Stato Sociale Italiano.

In questo senso non credo sia condivisibile il pensiero di chi ritiene che le tasse siano “belle” ma è certamente fondamentale riconoscerne l’utilità in funzione delle loro finalità.

Tra la pubblica amministrazione ed il cittadino/contribuente deve poter esistere il principio del  legittimo affidamento stante la necessità di contemperare due interessi spesso contrapposti e cioè quello tipico del privato che tende a mantenere quel vantaggio che l’azione amministrativa gli ha garantito e quello invece che persegue la pubblica amministrazione finalizzato al raggiungimento dei principi di buon andamento ed imparzialità, a cui deve essere ispirata, in linea generale  l’azione amministrativa in base al disposto dall’articolo 97 della Costituzione, che recita: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.

Il “legittimo affidamento” ha come principio cardine quello della “ buona fede” che trova a sua volta una serie di riscontri in articoli del codice civile nell’ambito contrattuale fino ad una legittimazione costituzionale nell’art. 2 che recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Vediamo ora quali sono i diritti del cittadino/contribuente in casi di accertamento fiscale ricevuto sia in forma scritta, previo notifica, oppure nel caso di  visita presso il domicilio  da parte di funzionari dell’Agenzia delle Entrate o di agenti di polizia tributaria della Guardia di Finanza.

Normalmente, salvo che l’accesso non sia  stato richiesto dall’autorità giudiziaria per uno specifico anno di imposta, al massimo  possono richiedere, ordinariamente,  documentazione entro il quinquennio precedente. E’ importante prestare la massima disponibilità, producendo sempre quanto richiesto, preferibilmente con il  supporto del proprio Commercialista che si occupa  l’amministrazione, proprio per quel concetto di buona fede sopra espresso.  Se c’è la visita,  per ogni giornata di accesso,  verrà redatto un verbale che verrà  sottoscritto insieme ai funzionari dell’Agenzia o agli agenti di PT che hanno effettuati gli accertamenti, dove verranno annotate le singole operazioni effettuate ed i documenti eventualmente estratti ed eventualmente prelevati dai fascicoli. Finito l’accesso verrà redatto un PVC – Processo verbale di constatazione, che altro non è che un verbale riepilogativo con le annotazioni delle eventuali problematiche o criticità riscontrate. In ogni singola fase degli accessi, in occasione dell’analisi del PVC dopo la sua notifica, il cittadino contribuente può richiedere di operare il contraddittorio che, in ambito tributario, realizza, sostanzialmente,  la partecipazione del contribuente all’attività di accertamento fiscale e consiste nel diritto del destinatario del provvedimento di poter addurre le proprie ragioni in ordine agli elementi che l’Amministrazione finanziaria intende porre a fondamento del proprio operato dal quale potrebbe successivamente scaturire un atto impositivo.

L’Amministrazione sarà obbligata a valutare attentamente le osservazioni del contribuente e motivare congruamente le ragioni per cui non ha ritenuto di accogliere, in tutto o in parte, le deduzioni proposte.

A differenza del procedimento amministrativo, in cui il contraddittorio è stabilito in via generale, nell’ordinamento tributario manca una norma che sancisca l’obbligatorietà del rispetto di tale principio in maniera diffusa, seppure la giurisprudenza, sul tema, sia ormai costante, lascia spazio interpretativo sul fatto che, il contraddittorio rimanga circoscritto alle sole  ipotesi normativamente previste.

Quanto ormai chiarito in via definitiva in sede di applicazione del diritto comunitario, non lo  è stato ancora  nell’ambito del  diritto interno, seppure il combinato disposto tra gli artt. 97 della Costituzione e  10, comma 1 e 12 dello Statuto del contribuente, dovrebbero chiarire il concetto sulla base proprio della buona fede e del principio del dovere di collaborazione che ha come destinatario non soltanto il contribuente, ma anche l’Amministrazione finanziaria per un criterio di reciprocità e di “economia processuale”. E’ chiaro che l’interesse ad evitare un contenzioso dovrebbe essere reciproco e dare la possibilità al cittadino/contribuente  di poter esporre i fatti e confutare l’assunto dell’Ufficio, magari con la produzione di documentazione probatoria,  non può essere negato soprattutto se ciò avviene prima che venga emanato un atto impositivo a carico del contribuente stesso, che a quel punto può solo richiedere l’applicazione da parte dell’Ufficio impositore dell’ applicazione dell’autotutela,  oppure ricorrere alla Giustizia Tributaria per far valere i propri diritte se ritiene, ovviamente, che gli stessi siano stati violati. Questo vale anche nel caso di  ricezione a mezzo di notifica postale o da parte di messo comunale, o di ufficiale giudiziario  o per posta elettronica certificata,  di un atto impositivo.

Quanto sommariamente sopra evidenziato,  vuole solo fornire indicazioni di massima, traendo spunto da normative esistenti, per chiarire quali siano le varie casistiche che si potrebbero verificare. In caso di accertamento, comunque,  la prima persona da contattare è il proprio consulente fiscale.

Quello che invece è un altro problema importante ma che sarebbe di facile soluzione è la trasmissione di atti impositivi a persone anziane, magari per importi limitati. Questo vale anche per giovani coppie o per disabili che, in alcuni casi, sono privi di copertura assistenziale a livello fiscale e tributario. Soprattutto quando si tratta di “cartelle esattoriali”, piene di numeri e codici ma spesso di difficile interpretazione anche per gli addetti ai lavori. In questi casi pur non comprendendo effettivamente di cosa si tratti e se la cartella sia o meno legittima, molti di loro preferiscono pagare “a prescindere” per evitare spese legali, more, sanzioni ed interessi. Non è questo che stabilisce l’articolo 53 della Costituzione. Ecco la soluzione ipotizzata. L’Ordine dei Dottori Commercialisti, a livello nazionale, dovrebbe stipulare una convenzione con l’Agenzia delle Entrate Riscossione,  affinché gli Ordini provinciali  collaborino con le rispettive sedi provinciali dell’Agenzia delle Entrate per aprire uno sportello dedicato, in esclusiva, a questa tipologia di “categorie protette”, gestito da Dottori in economia all’ultimo anno di tirocinio prima dell’effettuazione dell’esame di Stato per poter espletare la libera professione, che potendo accedere al sistema informatico della Agenzia e dell’Ufficio della Riscossione, possano fornire specifiche spiegazioni sulla natura del tributo cui si riferisce la cartella e l’eventuale “prima assistenza” per evitare la decorrenza dei termini per un eventuale ricorso – mediazione ove ne ricorrano i presupposti, o per una eventuale azione in autotutela o ancora per agevolare il pagamento di imposte e tasse usufruendo della possibilità di dilazione degli importi dovuti. A titolo gratuito per i contribuenti “fragili”, con l’applicazione di un punteggio ai fini dell’aggiornamento professionale a favore dei Tirocinanti.

Tutto questo, senza spese a carico dello Stato e tutelando i cittadini – contribuenti sulla base proprio di quei principi di buona fede e di legittimo affidamento, di cui si è parlato in premessa.

Giorgio Fiorenza